martedì 5 maggio 2015

5 Maggio 1821 (Sant'Elena) - Muore Napoleone Buonaparte: soldato, generale, Imperatore



“Tutti nascono anonimi come me, in una anonima Ajaccio, in un’anonima isola, in un anonimo 15 Agosto, di un anonimo 1769, da due anonimi Carlo e Letizia Ramolino; solo dopo diventano qualcuno; e se prima di ogni altra cosa sono capaci di non deludere se stessi, anche la volontà divina si manifesta sull'uomo”… Così scriveva il Piccolo Corso nel Memoriale di Sant'Elena … Ormai battuto, sconfitto, imprigionato in un’isoletta così distante dalla sua Europa tanto amata, sognata, toccata, ma mai avuta del tutto; eppure, sebbene non più vittorioso, continuò ad essere Imperatore fino al suo ultimo respiro avvenuto alle 17: 49 del 5 Maggio 1821.
Molte sono le lodi tessute a questo Grande uomo, molte sono le critiche.  Individui come il suddetto sono magnanimi che compaiono poche volte nella Storia; fulgidi lumi che irradiano la propria epoca di meraviglia, di orrore, di gloria, di distruzione, di speranza e di grandezza. Senza dubbio portano con loro anche devastazioni, ma tutti i grandi cambiamenti, le grandi rivoluzioni sono avvenute e avverranno solo dopo spargimenti di sangue.
Sognatore, precursore e plasmatore  dell’Europa: “Abbiamo bisogno di una legge europea, di Paesi e di misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta Europa. Voglio fare di tutti i popoli europei un unico popolo …”.  Fu l’iniziatore dei tempi moderni, colui che, paradossalmente, nel suo progetto di unificazione universale, diede vita ai patriottismi, ai sentimenti di riscatto nazionale e a tutti i pensieri politici che seguirono la sua caduta.
Aah, quanto gli dobbiamo … I Codici Civili europei affondano le loro radici nel Codice Napoleonico, tutte le unità di misura odierne (metro, litro, ec.) devono la loro creazione all’ultimo vero Imperatore che il mondo abbia conosciuto, ma soprattutto bisogna ringraziarlo, specialmente noi italiani, poiché senza le sue immortali gesta la nostra Penisola non si sarebbe svegliata, ribellata allo straniero e non sarebbe risorta.
Alessandro Manzoni nella sua più celebre poesia si domandò e si rispose nel seguente modo :- Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza - .

Riportiamo qui di seguito la sublime poesia di colui che scrisse uno dei più famosi romanzi  che l'uomo abbia mai concepito, "I Promessi Sposi".

Ei fu. Siccome immobile, 

dato il mortal sospiro, 
stette la spoglia immemore 
orba di tanto spiro, 
così percossa, attonita 
la terra al nunzio sta, 

muta pensando all'ultima 
ora dell'uom fatale; 
né sa quando una simile 
orma di pie' mortale 
la sua cruenta polvere 
a calpestar verrà. 

Lui folgorante in solio 
vide il mio genio e tacque; 
quando, con vece assidua, 
cadde, risorse e giacque, 
di mille voci al sonito 
mista la sua non ha: 

vergin di servo encomio 
e di codardo oltraggio, 
sorge or commosso al subito 
sparir di tanto raggio; 
e scioglie all'urna un cantico 
che forse non morrà. 

Dall'Alpi alle Piramidi, 
dal Manzanarre al Reno, 
di quel securo il fulmine 
tenea dietro al baleno; 
scoppiò da Scilla al Tanai, 
dall'uno all'altro mar. 

Fu vera gloria? Ai posteri 
l'ardua sentenza: nui 
chiniam la fronte al Massimo 
Fattor, che volle in lui 
del creator suo spirito 
più vasta orma stampar. 

La procellosa e trepida 
gioia d'un gran disegno, 
l'ansia d'un cor che indocile 
serve, pensando al regno; 
e il giunge, e tiene un premio 
ch'era follia sperar; 

tutto ei provò: la gloria 
maggior dopo il periglio, 
la fuga e la vittoria, 
la reggia e il tristo esiglio; 
due volte nella polvere, 
due volte sull'altar. 

Ei si nomò: due secoli, 
l'un contro l'altro armato,                                                                    

sommessi a lui si volsero, 
come aspettando il fato; 
ei fe' silenzio, ed arbitro 
s'assise in mezzo a lor. 

E sparve, e i dì nell'ozio                                                                    
chiuse in sì breve sponda, 
segno d'immensa invidia 
e di pietà profonda, 
d'inestinguibil odio 
e d'indomato amor. 

Come sul capo al naufrago 
l'onda s'avvolve e pesa, 
l'onda su cui del misero, 
alta pur dianzi e tesa, 
scorrea la vista a scernere 
prode remote invan; 

tal su quell'alma il cumulo 
delle memorie scese. 
Oh quante volte ai posteri 
narrar se stesso imprese, 
e sull'eterne pagine 
cadde la stanca man! 

Oh quante volte, al tacito 
morir d'un giorno inerte, 
chinati i rai fulminei, 
le braccia al sen conserte, 
stette, e dei dì che furono 
l'assalse il sovvenir! 

E ripensò le mobili 
tende, e i percossi valli, 
e il lampo de' manipoli, 
e l'onda dei cavalli, 
e il concitato imperio 
e il celere ubbidir. 

Ahi! forse a tanto strazio 
cadde lo spirto anelo, 
e disperò; ma valida 
venne una man dal cielo, 
e in più spirabil aere 
pietosa il trasportò; 

e l'avvïò, pei floridi 
sentier della speranza, 
ai campi eterni, al premio 
che i desideri avanza, 
dov'è silenzio e tenebre 
la gloria che passò. 

Bella Immortal! Benefica 
Fede ai trïonfi avvezza! 
Scrivi ancor questo, allegrati; 
che più superba altezza 
al disonor del Golgota 
giammai non si chinò. 

Tu dalle stanche ceneri 
sperdi ogni ria parola: 
il Dio che atterra e suscita, 
che affanna e che consola, 
sulla deserta coltrice 
accanto a lui posò.


Ci sono uomini che vivono e muoiono all'ombra dei propri ulivi. Altri cambiano il mondo, anche quando battuti.

                   
                                                                                                                  Lorenzo De Vita

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